"Coltivare la memoria e riscoprire il valore della Resistenza oggi
per mantenere vivo il fiore della democrazia"
I sette fratelli Cervi, Gelindo, (nato nel 1901);Antenore ( 1906); Aldo (1909); Ferdinando
(1911); Agostino (
1916); Ovidio (
1918); Ettore ( 1921 ), erano i figli di Alcide Cervi e di
Genoeffa Cocconi ed appartenevano ad una famiglia di contadini con
radicati sentimenti antifascisti. Dotati di forti convincimenti democratici,
presero attivamente parte alla Resistenza e presi prigionieri, furono torturati e poi
fucilati dai fascisti il 28 dicembre 1943 nel poligono di tiro di Reggio Emilia.
La loro storia è stata raccontata, fra gli altri, dal padre Alcide Cervi.
Adelmo Cervi con Daniele Fancello e Patrizia Renzi
Agostino, padre di Alcide e uno dei capi della rivolta contro la
tassa sul macinato del 1869, viene arrestato e finisce in carcere per sei mesi.
Sposa nel contempo Virginia e dal matrimonio nasceranno tre figli: Pietro,
Emilio e Alcide. Un quarto figlio, Ettore, sarà adottato. Alcide sposa nel 1899
Genoeffa Cocconi e dall'unione
verranno al mondo 9 figli nell'arco di 20 anni, sette maschi e due femmine. In
ordine di nascita: Gelindo, Antenore, Diomira, Aldo, Ferdinando, Rina,
Agostino, Ovidio ed Ettore.
Adelmo Cervi
Nel 1920 Alcide lascia
la casa paterna per stabilirsi con la sua famiglia in un appezzamento di
terreno a Olmo di Gattatico. Dopo cinque anni si trasferiscono nuovamente,
questa volta in un appezzamento di terreno in zona Quartieri nella tenuta
denominata "Valle Re" appartenente alla contessa Levi SottoCasa, che
giuridicamente fa parte del comune di Campegine. La famiglia si sposta ancora
nel 1934 prendendo in affitto un podere in zona Campi Rossi, nel comune di
Gattatico, facendo con quest'ultimo trasferimento il salto di qualità perché
passa dalla conduzione in mezzadria a
quella appunto in affitto .
Il nucleo familiare è
caratterizzato dalla forte personalità della madre Genoeffa e dalla volontà di
progredire di alcuni figli. La tendenza è comunque quella di prendere di comune
accordo le decisioni più importanti. Tale coesione e contemporaneamente la
spinta all'innovazione, mediata da elementi che sono i custodi dell'unità
familiare, saranno basilari sia per lo sviluppo in senso tecnico che avrà
l'azienda agricola sia per la monolitica scelta di adesione alla Resistenza.
Adelmo Cervi con Patrizia Renzi e Daniele Fancello
L'evoluzione della
famiglia Cervi è perfettamente congruente con un modello di sviluppo delle
famiglie contadine di queste località che, nel periodo fra l'Ottocento e il
Novecento (con l'accelerazione dei tempi avvenuta dopo la prima guerra mondiale
), vede trasformarsi la struttura gerarchizzata e autoritaria (tipica della
famiglia contadina degli anni precedenti) verso forme di organizzazioni di
massa per la difesa del lavoro legate all'ideologia socialista e che si
concretizzano in cooperative, case del popolo, mutue, leghe di resistenza,
camere del lavoro, cioè in quegli strumenti organizzativi che saranno basilari
nelle lotte per il rinnovo dei patti agrari.
Platea durante il discorso di Adelmo Cervi
Tutta questa autocoscienza di classe ormai distaccata dal
concetto di famiglia patriarcale singola (anche se la singola famiglia mantiene
la parte sana di questa tradizione) è strettamente correlata a una
modernizzazione dei mezzi e dei metodi di produzione nell'agricoltura e alla
forte adesione in tali zone agricole alla Resistenza, che si manifesta in forme
generalizzate e non come caso isolato della famiglia Cervi.
Platea durante il discorso di Adelmo Cervi
Per quanto riguarda i Cervi, comunque,
il nuovo consiste (visto che il contratto d'affitto permette di lavorare
l'appezzamento e la cascina secondo le regole dell'affittuario e non del
padrone) nel portare avanti idee d'avanguardia nella conduzione dei campi e
delle stalle. Non si accontentano più di sopravvivere come i loro vecchi: per
uscire dalla povertà e dallo sfruttamento comprendono che bisogna usare il
cervello oltre ai muscoli. Pertanto, pur avendo a disposizione un podere non
florido, si impegnano a trasformarlo radicalmente anche e soprattutto tramite i
nuovi studi sull'agricoltura reperiti su libri e opuscoli. Nonostante la scarsa
alfabetizzazione della campagna, i Cervi sono in grado di leggere, e non solo
per lavoro, ma anche per il proprio piacere, per cui incrementano senza sosta
la loro biblioteca casalinga, di cui fanno parte fra l'altro libri
sull'apicoltura, la metodica per ottimizzare la crescita del frumento e
dell'uva. Sono oltretutto libri di una certa consistenza, visto il periodo.
Adelmo Cervi con il Sindaco Umberto Domizioli,
Anahita Hoseinpur Dowlatabadi e Valentina Baiocco
Anahita Hoseinpur Dowlatabadi e Valentina Baiocco
Da una parte i giovani della famiglia,
ovvero i fratelli, seguono corsi di formazione professionale inerenti al lavoro
della campagna, dall'altra il padre ottiene riconoscimenti scritti per l'ottima
conduzione della terra gestita dalla famiglia. Il simbolo della modernità
dell'azienda familiare si può sintetizzare nel trattore Balilla, acquistato nel
1939, che Luciano Casali ha inserito
come titolo di un corposo articolo dedicato alla famiglia Cervi.
Adelmo Cerivi e Il Sindaco Umberto Domizioli
Nato nel 1875 da Agostino e Virginia
Cervi, Alcide Cervi si unisce sin da giovanissimo al movimento che diventerà
poi il Partito Popolare, ed è tuttavia fortemente influenzato dalla teoria del
socialismo umanitario di Camillo
Prampolini.
Nel 1934, stabilitosi con la famiglia
nel podere di Campi Rossi nel comune di Gattatico, inizia l'attività di
affittuario di un fondo in pessime condizioni che ben presto, grazie all'aiuto
dei figli, renderà pienamente produttivo. In questa realtà Alcide si occupa
della vendita dei prodotti della fattoria.
Platea durante il discorso di Adelmo Cervi
All'inizio della seconda guerra mondiale
casa Cervi diventa un vero e proprio luogo del dissenso militare contro il
fascismo e la guerra. Insieme ai figli maschi, Alcide costituisce la cosiddetta
"Banda Cervi", dedita alla lotta partigiana.
I sette fratelli Cervi si incontrano con
"Facio" (ovvero Dante Castellucci) proprio prima dei fatti che
portano alla caduta del fascismo nel 1943. Quest'ultimo assumerà il comando
della brigata partigiana Guido Picelli diventando quasi una leggenda quando,
con un gruppetto partigiano formato da solo 8 uomini, costringerà alla fuga un
centinaio di nazi fascisti dopo che la ristretta pattuglia partigiana, già
circondata dai nemici, ne aveva ucciso e ferito un rilevante numero. Verso la
fine della guerra fu fucilato dai suoi stessi compagni con la controversa
accusa di furto.
Patrizia Renzi legge una parte del libro "Io che conosco il tuo cuore" di Adelmo Cervi
Poco tempo dopo il cascinale della
famiglia Cervi sarà porto sicuro per antifascisti e partigiani feriti nonché
per i prigionieri stranieri sfuggiti ai nazifascisti. Fra questi, Anatolij
Tarassaov, cui è dedicata una via a Reggio Emilia, soldato sovietico fatto
prigioniero e successivamente instradato in un campo di prigionia italiano. Da
qui riuscì a fuggire assieme al tenente Viktor Pirogov , trovando rifugio nella
cascina dei Cervi. I due ex soldati dell' Armata Rossa scriveranno un libro
sulla loro vicenda e sulla famiglia Cervi dal titolo Sui monti d’Italia.
Tarassov fu catturato insieme ai Cervi
la notte del 25 novembre 1943 e incarcerato a Verona, da dove fuggì assieme ad
altri sovietici per poi agire contro i nazifascisti in ordine sparso nella zona
di Reggio Emilia e Modena costituendo
una brigata partigiana di cui divenne il commissario politico. Il tenente
Pirogov, col nome di battaglia "Modena", divenne invece il comandante
delle operazioni militari della brigata sovietica.
Valentina Baiocco legge una parte del libro "Io che conosco il tuo cuore"
per fare una domanda sulle donne della famiglia Cervi
per fare una domanda sulle donne della famiglia Cervi
Molti altri ex prigionieri sovietici
trovarono rifugio presso la famiglia Cervi, come Misha Almakaièv, Nikolaj
Armeiev e Alexander Aschenco. Costoro combatterono tutti al fianco dei fratelli
Cervi. Armeniev riuscirà a sfuggire alla cattura e si unirà alla banda
"Modena" mentre Aschenco, catturato coi Cervi, tradirà, diventando
delatore dei nazifascisti. Il suo tradimento costerà parecchio alla Resistenza
della zona dal momento che conosceva a fondo la rete strutturata dalla famiglia
Cervi. Individuato, Aschenco verrà giustiziato dai GAP il 15 novembre del
1944 in piazzale Fiume a Reggio Emilia.
Fra gli altri componenti che agirono in strettissimo contatto con i Cervi vi furono John David
Bastiranse, paracadutista sudafricano (nato nel 1923 e catturato con i Cervi,
se ne perderanno le tracce), John Peter De Freitas (nato nel 1921, paracadutista
sudafricano anch'egli, evaso dal campo di concentramento di Grumello del Piano
a Bergamo, scomparirà per alcuni anni dopo la sua cattura con i Cervi.
Riapparirà nel dopoguerra informando la famiglia Cervi che in qualche maniera è
riuscito a tornare al suo paese sano e salvo), Samuel Boone Conley (nato nel
1914, paracadutista irlandese, catturato con i Cervi e di cui non si saprà più
nulla).
Platea durante il discorso di Adelmo Cervi
Fra gli arrestati durante la cattura dei
Cervi, nel rapporto giudiziario conseguente, compare anche Luigi Landi, nato a
Cadelbosco di Sopra vicino a Reggio Emilia, che aveva già subito condanne per
motivi politici e che sopravviverà alle torture inflittegli dai nazifascisti in
Villa Cucchi, e infine don Pasquino Borghi, medaglia d'oro della Resistenza,
che fu tra i primi, se non il primo, a collaborare alla strutturazione della
"Banda Cervi" ospitando la banda presso la canonica della sua
parrocchia di Tapignola, sull'alto Appennino reggiano Con i Cervi verrà fucilato un
altro membro della banda, ovvero Quarto Camurri, nato a Guastalla . Rimarrà a
combattere coraggiosamente fino alla fine accanto ai Cervi condividendone la
tragica sorte.
Platea durante il discorso di Adelmo Cervi
Amici dei Cervi sono i membri della
famiglia Sarzi, originari dei dintorni di Mantova: Lucia, nata nel 1920,
Otello, del 1922, e Gigliola, del 1931. Collaboreranno strettamente con i Cervi
durante la Resistenza. La loro storia è quella di una famiglia di gente di teatro con
compagnia propria, le cui posizioni avverse al fascismo porteranno, dopo vari
interventi della censura, allo scioglimento della compagnia stessa da parte del
regime. Sono pertanto teatranti ambulanti e Otello, fervente antifascista, non
nasconde le proprie idee che dichiara apertamente nelle varie località che sono
visitate dalla compagnia. Sul finire degli anni trenta deve riparare in Svizzera
dove incomincia un'attività di cospirazione clandestina con i fuoriusciti
repubblicani. Otello e Lucia vengono arrestati nel 1940 per un incauto scambio
epistolare e, anche se rilasciati, sono ormai schedati come sovversivi.
Otello, irriducibile e tenace
antifascista, si rifiuta di fare il saluto romano e si dichiara di ideologia
bolscevica, subendo così un nuovo arresto a Parma. Confinato a Sant’ gata di
Esaro, inizia la sua fase di antifascismo militante tramite contatti con
giovani antifascisti locali e incontra Dante Castellucci, ancora militare ed
ivi in licenza. Questo incontro diverrà focale per le iniziative antifasciste
di Otello, il quale prende contatti con i gruppi di Resistenza che si vanno
strutturando nella Val d’Enza. È il 1941 e Lucia incontra Aldo Cervi, il più
determinato e "ferrato" del gruppo Cervi, per dar inizio alla lotta
antifascista dei 7 fratelli. Dal 1942 Aldo e Lucia[12] operano all'interno della rete
clandestina antifascista che fa capo al Partito Comun ista Italiano. Al ritorno
dalla Russia Dante Castellucci, il futuro comandante Facio, e i cospiratori
antifascisti si riuniscono alla vigilia della caduta del fascismo nel 1943. Il
10 ottobre la Banda Cervi, con Otello, Facio e i rifugiati sfuggiti dai campi
di concentramento nazifascisti, è già in montagna a combattere.
Il Sindaco Umberto Domizioli accoglie l'evento di Adelmo Cervi
Per diverse settimane il gruppo dei
Fratelli Cervi riesce a mantenere un'intensa attività militare contro i
fascisti, ma successivamente, nella notte tra il 24 e il 25 novembre 1943,
durante un rastrellamento, viene sorpreso nell'abitazione dei Cervi dalle
pattuglie fasciste insieme ad alcuni partigiani russi, a Dante Castellucci e a Quarto Camurri, un disertore della MVSN .
Catturati dopo un breve scontro a fuoco vengono trasportati nel carcere
politico dei Servi a Reggio Emilia e lì
custoditi. I russi e Dante Castellucci, che si era fatto passare per cittadino
francese, sono invece trasferiti nel carcere di Parma. Il 14 dicembre 1943 a Cavriago fu ucciso il colonnello Giovanni Fagiani della MVSN e ferita la figlia Vera che rimase cieca[. Appoggiato dagli
altri dirigenti del PFR di Reggio Emilia, Savorgnan riuscì ad impedire ogni
rappresaglia e operò per far rilasciare tutti i rastrellati di quei giorni
attirandosi le critiche dei fascisti più estremisti. A seguito
di questo omicidio fu divulgato per la città la minaccia di ricorrere alla
rappresaglia in caso di uccisioni di altri fascisti
Il Sindaco Umberto Domizioli, Adelmo Cervi e Daniele Fancello sul tavolo degli oratori
Il 27 dicembre avvenne l'uccisione da
parte dei partigiani del segretario comunale di Bagnolo in Piano Davide Onfianie il 28 dicembre i sette
fratelli Cervi e Camurri furono fucilati per rappresaglia. Secondo un testo
dell'Anpi di Reggio Emilia del 1982, su decisione del Capo della Provincia di
Reggio Emilia Enzo Savorgnan, mentre Giorgio Pisanò, in "Storia della
Guerra Civile in Italia" scrive invece che fu deciso all'insaputa di
Savorgnan, dagli intransigenti del PNF localeIn un documento della direzione
fascista di Reggio Emilia recuperato nel dopoguerra, compare la lista dei sette
nomi che qualche dirigente (qualcuno azzarda Mussolini stesso) aveva
evidenziato con una parentesi riportando accanto la scritta "sette
fratelli?" sottolineata di rosso, quasi ad esprimere perplessità per la
decisione.
L'8 gennaio del 1944, un bombardamento
apre ad Alcide una via per fuggire dal carcere di San Tommaso dove era stato trasferito. Tornato a casa, non
viene subito informato della morte dei figli ma, anche quando apprenderà la
tragica notizia, riuscirà a riprendersi dal durissimo colpo. Nell'ottobre del
1944 la casa della famiglia Cervi viene incendiata. Il 15 novembre dello stesso
anno, forse a causa di questa ulteriore dolorosa esperienza, Genoeffa Cocconi
muore di crepacuore. Solo nell'ottobre del 1945 Alcide Cervi potrà far sì che
venga celebrato un funerale solenne per i suoi figli. Nel pomeriggio del 28
ottobre, dopo la manifestazione di affetto dei cittadini emiliani, i feretri
dei fratelli sono portati al cimitero di Campegine. In questa occasione papà
Cervi pronuncerà la celebre frase: "dopo un raccolto ne viene un
altro".
Per il suo impegno partigiano e per
quello dei suoi figli, gli fu consegnata una medaglia d'oro creata dallo
scultore Marino Mazzacurati. La medaglia reca da un lato l'effigie di Alcide
Cervi e dall'altro un tronco di quercia tra i cui rami spezzati compaiono le 7
stelle dell'orsa. Durante la consegna, Alcide pronunciò un discorso di cui sono
ancora ricordate queste parole: "Mi hanno sempre detto… tu sei una quercia che ha cresciuto sette rami, e
quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta… la figura è bella e
qualche volta piango… ma guardate il seme, perché la quercia morirà, e non sarà
buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme.
Il nostro seme è l'ideale nella testa dell'uomo." Il 27 marzo
1970, all'età di 95 anni si spegne Alcide Cervi. Oltre 200.000 persone si
riuniranno a Reggio Emilia per salutarlo per l'ultima volta.
Adelmo Cervi fa una dedica sul suo libro "Io che conosco il tuo cuore"
Tutti e 7 i fratelli sono stati decorati
con Medaglia d’argento al valor militare. Ai fratelli Cervi sono state dedicate
molte vie in varie città italiano, a Rovigo, un grande piazzale, Collegno (TO)
che ha dedicato loro anche una scuola elementare, Ceriale (SV) e a Dorgali
(Sardegna) è stata loro dedicata una scuola e una via. A Macerata sono intitolate ai
fratelli Cervi sia una via sia la scuola primaria e dell'infanzia che vi è
situata. A Barletta sono dedicati gli ampi giardini del Castello. Nel piccolo
comune lombardo di Bonemerse il 25 aprile del 1973 fu loro intitolata la scuola
primaria, appena costruita.
Il figlio di uno dei fratelli Cervi,
Adelmo, il figlio di Aldo, porta avanti la memoria della sua famiglia con
l'impegno politico e culturale a favore della Costituzione italiana.
Alla vicenda dei Cervi Piero Calamandrei ha dedicato una famosa Epigrafe.
Epigrafe
alla Madre
Quando la sera tornavano dai campi
Sette figli ed otto col padre
Il suo sorriso attendeva sull’uscio
per annunciare che il desco era pronto.
Ma quando in un unico sparo
caddero in sette dinanzi a quel muro
la madre disse
non vi rimprovero o figli
d’avermi dato tanto dolore
l’avete fatto per un’idea
perché mai più nel mondo altre madri
debban soffrire la stessa mia pena.
Ma che ci faccio qui sulla soglia
se più la sera non tornerete.
Il padre è forte e rincuora i nipoti
Dopo un raccolto ne viene un altro
ma io sono soltanto una mamma
o figli cari
vengo con voi.
Piero Calamandrei
Ai fratelli Cervi, alla loro Italia è anche il titolo di una poesia di Salvatore Quasimodo.
"Ai fratelli Cervi,
alla loro Italia"
In tutta la terra ridono
uomini vili,
principi, poeti, che
ripetono il mondo
in sogni, saggi di malizia e
ladri
di sapienza. Anche nella mia
patria ridono
sulla pietà, sul cuore
paziente, la solitaria
malinconia dei poveri. E la
mia terra è bella
d’uomini e d’alberi, di
martirio, di figure
di pietra e di colore,
d’antiche meditazioni.
Gli stranieri vi battono con
dita di mercanti
il petto dei santi, le
reliquie d’amore,
bevono vino e incenso alla
forte luna
delle rive, su chitarre di
re accordano
canti di vulcani. Da anni e
anni
vi entrano in armi,
scivolano dalle valli
lungo le pianure con gli
animali e i fiumi.
Nella notte dolcissima
Polifemo piange
qui ancora il suo occhio
spento dal navigante
dell’isola lontana. E il
ramo d’ulivo è sempre ardente.
Anche qui dividono in sogni
la natura,
vestono la morte, e ridono,
i nemici
familiari,. Alcuni erano con
me nel tempo
dei versi d’amore e
solitudine, nei confusi
dolori di lente macine e
lacrime.
Nel mio cuore e finì la loro
storia
quando caddero gli alberi e
le mura
tra furie e lamenti fraterni
nella città lombarda.
Ma io scrivo ancora parole
d’amore,
e anche questa terra è una
lettera d’amore
alla mia terra. Scrivo ai
fratelli Cervi,
non alle sette stelle
dell’Orsa: ai sette emiliani
dei campi. Avevano nel cuore
pochi libri,
morirono tirando dadi
d’amore nel silenzio.
Non sapevano soldati,
filosofi, poeti,
di questo umanesimo di razza
contadina.
L’amore, la morte, in una
fossa di nebbia appena fonda.
Ogni terra vorrebbe i vostri
nomi di forza, di pudore,
non per memoria, ma per i
giorni che strisciano
tardi di storia, rapidi di
macchine di sangue.
4 dicembre 1955
Salvatore Quasimodo
Incontro con Adelmo
Cervi
"Io che conosco il tuo cuore con Adelmo Cervi"
La storia della famiglia Cervi dagli inizi del
fascismo all'eccidio dei sette Fratelli, raccontata dal figlio di Aldo Cervi.
Evento organizzato e presentato dall'ANPI di
Jesi.
Maiolati Spontini, giovedì 19 novembre 2015, Biblioteca La Fornace di Moie
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