“La musica può essere
un’occasione di resistenza culturale”. Così ha detto Vinicio Capossela commentando per HuffingtonPost l’iniziativa dello Sponz Fest , il
festival culturale da lui ideato e diretto in Irpinia per HuffingtonPost.
Quasi
come un sottotitolo alla manifestazione, che si chiude oggi 31 agosto, una
frase che ne accompagna il titolo e racchiude anche il vernacolo campano, anche
se espressa in italiano: “Mi sono sognato il treno”.
Lo spunto dal quale è partita l’idea di Capossela è stata
proprio la carenza di una linea ferroviaria, che una volta invece alimentava la
vita di quei luoghi, quando la linea Avellino-Rocchetta collegava quei paesi
con Milano, Torino e addirittura con la Germania. È l’iniziativa del cantautore
racchiude la possibilità di accendere i riflettori su quello che lui definisce
“la coltivazione del vuoto”. Il vuoto è una caratteristica naturale di
quei posti, chiamati anche “le terre dell’osso”, isolati per una conformazione
orografica naturale. I piccoli centri di Calitri, Aquilonia, Andretta, Cairano,
Conza Della Campania, Lioni, Monteverde, Morra de Sanctis e Teor, paesi che
hanno ospitato il festival, si stagliano in mezzo a montagne separate da valli
e dirupi scoscesi, quasi polis dell’antica Grecia, in mezzo ad una natura
ancora incontaminata. Un tempo erano collegati da una ferrovia, che anche dal punto
di vista ingegneristico era un trionfo delle abilità umane. Vi sono alcuni
ponti realizzati solo con bulloni, esattamente come la torre Eiffel. Un
sacrificio e un investimento di energie che va comunque coltivato per evitare
di farli sprofondare nell’isolamento.
La cultura musicale, può
tanto da questo punto di vista. Certo non Verdi o Bach, ma proprio la musica
popolare delle radici. La musica che essendo come un linguaggio è l’unica cosa
che mantiene vivo il territorio e la propria cultura. Se non muore la musica
non muore la cultura e non muore il posto. Anche per questo Vinicio Capossela e
la Banda della Posta si sono esibiti come l’anno scorso a Calitri per lo Sponz Fest,
in un concerto gratuito. Quest’anno sono state aggiunte alle celebri canzoni del
direttore artistico della manifestazione, e alle polke, alle quadriglie e alle
mazurke della banda del gruppo postale, anche un repertorio che attinge alle
musiche folk, al canto sociale e di lavoro, al canto anarchico e alle canzoni
di guerra, nel centenario del conflitto mondiale, senza dimenticare i cantanti
dell’emigrazione ferroviaria degli anni ’60.
È sempre stata parte
della giornata della vita dei contadini, sia nei momenti di lavoro, che nei
momenti di riposo e di ricreazione. E non solo in mezzo ai lupi delle montagne
dell’Irpinia, dove comunque per secoli ha costituito uno dei pochi mezzi di
trasmissione di codici culturali, ma ha seguito passo passo l’evoluzione
dell’uomo accompagnando tutti i momenti che hanno segnato dei momenti di svolta
e di crescita. In fondo anche la cosiddetta musica colta, la musica classica,
ha visto la sua nascita, intesa come conquista di una autonomia, dalla
rivoluzione francese. Il nome della manifestazione viene da un termine
dialettale “sponzare”, che significa inzuppare, da spugna, che viene ancora
oggi usato in riferimento all’ammollamento dello stoccafisso nell’acqua.
Il riferimento
nell’ ambito musicale è tutto riferito a quell’ imbeversi di musica, di storie,
di racconti, di emozioni e chiaramente di cultura. Tutto legato ad un’immagine
che è proprio la sintesi del viaggio emotivo: il treno.
Una programmazione anche
ricca di scambi culturali intorno alla magia della parola, parole come treno,
migrazione e immigrazione, viaggio attesa e paesaggio, che in sé portano il
principio della narrazione. Un lungo confronto sociale portato avanti da grandi
nomi della nostra cultura, con sullo sfondo la musica garbata, ironica e
affatto leggera di Capossela, un insolito poeta dei nostri giorni.
Moie, sabato 2 aprile 2016
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