martedì 25 agosto 2015

I partigiani di Montelago

"Coltivare la memoria e riscoprire il valore della Resistenza oggi 

per mantenere vivo il fiore della democrazia"



Subito dopo l'8 settembre, il maggiore Diego Boldrini (Ferruccio), incaricato dallo stesso Gino Tommasi, a nome del Cln di Ancona, iniziò ad organizzare un nucleo partigiano. Intanto a Montelago, un paesino sopra Sassoferrato, che domina la vallata su cui scorre la strada che porta verso l’Umbria, si erano rifugiati molti renitenti alla leva che assieme ad altri giunti dalla provincia costituirono il distaccamento di Montelago, che successivamente divenne il gruppo Cacciatori della Foria. A Sassoferrato intanto si costituiva il Cln, al comando di Diego Boldrini. L’insieme dei gruppi della zona costituirono il III battaglione Ferruccio, inquadrato nella V Brigata Garibaldi, e controllava la zona montana attorno ai comuni di Fabriano,  Sassoferrato, Arcevia, Genza, Cerreto d'Esi, Serra San Quirico, Jesi.  Quando Boldrini ebbe l'incarico di comandante di zona da parte del CLN, il distaccamento di Sassoferrato fu affidato al capitano Pietro Loretelli.

Partigiani a Sassoferrato

Il III battaglione Ferruccio ostacolò l'azione dei tedeschi e ne ritardò la ritirata attraverso numerose azioni di sabotaggio, come la distruzione del ponte di Perticano sul Sentino, sulla statale Sassoferrato-Scheggia. Nel crollo del ponte rimasero coinvolti una dozzina di soldati tedeschi e il carro armato sul quale viaggiavano. All’inizio di luglio, a Casacce, i partigiani del gruppo Cacciatori del Foria assaltarono una colonna tedesca, la quale sorpresa dall’attacco improvviso, si ritirò. La popolazione nei giorni successivi lasciò il paese evitando le rappresaglie dei tedeschi, che infatti distrussero Casacce pochi giorni dopo. 

Molti soldati, per lo più inglesi, evasi dai campi di internamento di Fabriano e di Sassoferrato, furono accolti dai gruppi partigiani della zona.



La liberazione di Sassoferrato avvenne il 26 luglio 1944 quando un primo nucleo di partigiani entrò in paese, a cui fecero seguito gli inglesi dell’VIII Armata. Nei giorni successivi i tedeschi provarono più volte a riconquistare Sassoferrato e vi furono diversi scontri con i partigiani che avevano organizzato un servizio di avamposti su un fronte piuttosto ampio che andava dal monte Strega al fiume Sentino. Alla organizzazione delle operazioni provvide il comandante Ferruccio impegnando i tre distaccamenti che aveva a disposizione, coadiuvati, di giorno, anche dalle truppe inglesi, le quali però la sera rientravano a Fabriano. La situazione si stabilizzò solamente il 6 agosto quando i tedeschi iniziarono la ritirata oltre la linea di Morello. Il 13 agosto le ultime formazioni del III battaglione deponevano le armi, nel frattempo gli inglesi avevano preso possesso della città a nome del governo militare alleato. Diego Boldrini era stato nominato Sindaco dalla Prefettura di Ancona. La prima giunta della Sassoferrato libera fu composta dai rappresentanti di tutti i partiti che avevano aderito al Cln e vice sindaco venne nominato il francescano padre Angelo Mazzini, già membro del Cln di Sassoferrato.


Campo d’internamento al Monastero di Santa Croce


Monastero di Santa Croce - Sassoferrato




Nel giugno del 1942 la prefettura di Ancona prese in affitto i locali del Monastero di Santa Croce di Sassoferrato di proprietà del Monastero di Fonte Avellana, per insediarvi un campo di concentramento per internati politici. I locali eranocompletamente privi di arredamento e pertanto la fase organizzativa fu lunga. Solamente nel febbraio dell’anno successivo arrivarono i primi internati sebbene il campo fosse ancora quasi privo di attrezzature per ospitarli. La direzione era stata inizialmente affidata al locale podestà, con la sovrintendenza del direttore del vicino campo di Fabriano, poi successivamente fu assegnata a un funzionario di Pubblica Sicurezza. Il convento poteva ospitare fino a 120 persone, ma nel marzo del ‘43 erano presenti 13 internati provenienti dalle zone occupate della Jugoslavia, nel maggio successivo le presenze raggiunsero le trenta unità e nell’estate aumentarono ancora. Di fatto, però, la struttura rimase quasi sempre semivuota a causa della mancanza di casermaggio. Oltre all’insufficienza d’acqua e alle carenze igieniche, la condizione degli jugoslavi internati a Sassoferrato era resa ulteriormente precaria dalla severità con la quale veniva applicato il regolamento. Nel settembre del 1943 il campo venne dimesso, per poi essere ripristinato dalle autorità della RSI nel febbraio del 1944.




Moie, 25 agosto 2015



venerdì 21 agosto 2015

Assemblea ANPI Mediavallesina nella nuova sede


"Coltivare la memoria e riscoprire il valore della Resistenza oggi 
per mantenere vivo il fiore della democrazia"






Verbale Assemblea iscritti e simpatizzanti ANPI Mediavallesina


Venerdì 17 luglio 2015, presso la sede della Proloco di Moie, in Via Carducci, (provvisoria sede della nostra associazione), alle ore 21:00, si è svolta la seconda assemblea degli iscritti e simpatizzanti ANPI Mediavallesina per discutere il seguente ordine del giorno:
  • Definizione ruoli nel comitato direttivo
  • Comunicazione ANPI Ancona relativa al tesseramento
  • Eventi Resistenza luglio 2015
  • Varie ed eventuali

Sono presenti i signori: Renzi Patrizia, Baiocco Valentina, Cuicchi Tiziana, Grazi Grazia, Dowlatabadi Anahita, Pasquale Ricciuti, Piccioni Elena, Petrovic Giovanni.

  •  Vengono confermati gli eletti della seduta precedente. La signora Grazi Grazia sarà l'addetta all'Ufficio Stampa e insieme alla signora Dowlatabadi Anahita, esperta di grafica al computer, curerà la creazione del blog dell'associazione.
  • L'ANPI Provinciale di Ancona ha richiesto il pagamento delle 50 tessere che ci erano state inviate, per un totale di euro 175. Sarà opportuno chiedere chiarimenti al riguardo, se è obbligatorio il pagamento già da questo anno, altrimenti restituiremo,  tutte o in parte, le tessere avanzate. Alla signora Anna Maria Bartoloni, moglie del partigiano Giannino Pastori, è già stata inviata la tessera ad honorem.
  • La Presidente ricorda la gita a Gattatico (RE) con visita al Museo Cervi e spaghettata antifascista, organizzata dall'Anpi di Iesi, che avrà luogo il giorno 25 luglio, invitando i partecipanti ad aderire all'iniziativa.
Valentina Baiocco e Patrizia Renzi

Rammenta inoltre lunedì 20 luglio la commemorazione a Poggio San Vicino dei caduti del 1 luglio 1944, tra cui il maiolatese Giannino Pastori.

Il giono 28 luglio, inoltre, presso la biblioteca La Fornace di Moie, nell'ambito dell'iniziativa Tespi/Festival della Resistenza, a cura dell'associazione ATGTP, dopo la presentazione del libro "I matti del Duce", di Matteo Petracci, alle ore 18:30, la nostra associazione collaborerà nell'organizzazione dell'apericena. 

Nello stesso giorno, alle ore 21, al Colle Celeste di Maiolati, avrà luogo uno spettacolo teatrale di Ascanio Celestini.



  • A chiusura della riunione vengono avanzate alcune proposte:
- contattare la biblioteca La Fornace di Moie, affinchè possa essere creata, al suo interno, una sezione storica dedicata alla Resistenza nazionale e locale.

- invitare ad una prossima riunione il consigliere  straniero aggiunto del Comune di Maiolati e rappresentanti della Casa delle Culture, per far conoscere la nostra associazione e magari in futuro collaborare in alcune iniziative.

- Grazia Grazi propone di pensare ad  un evento culturale in cui possano essere messe a confronto Resistenze diverse, nel tempo e nello spazio. E, inoltre, propone di fare un blog.

- acquistare una nuova bandiera in sostituzione dell' attuale, troppo grande e pesante e richiedere all'Anpi Provinciale fazzolettini e distintivi dell'Associazione.

La riunione ha termine alle ore 11:00.



da sinistra seduti
Grazia, Patrizia, Valentina, Pasquale e
 in piedi Elena, Giovanni, Tiziana e Anahaita


Moie, 17 luglio 2015

Prima Assemblea Associazione Nazionale Partigiani d' Italia Mediavallesina


"Coltivare la memoria e riscoprire il valore della Resistenza oggi 
per mantenere vivo il fiore della democrazia"



Venerdì 26 giugno, presso la sala Cannoni, nell'ex scuola elementare di Moie, alle ore 21,00, si è svolta l'assemblea degli iscritti e simpatizzanti ANPI Mediavallesina per discutere il seguente Ordine del giorno:

  • Elezione del Presidente e del Comitato Direttivo
  • Proposte e iniziative estate/autunno 2015
  • Tesseramento 2015

L'incontro è iniziato col saluto agli intervenuti della referente Anpi mediavallesina, sezione di Moie, signora Patrizia Renzi, la quale, dopo aver ripercorso la storia dell'associazione a livello nazionale e locale, ha ricordato le vicende familiari che l'hanno legata all'antifascismo e alla guerra partigiana ed ha ringraziato l'ex presidente Marco Bini per aver individuato in lei la prosecutrice del suo lavoro.

Sono seguiti gli interventi dell'ex presidente Marco Bini e del presidente Anpi provinciale, signor Bianchini, il quale ha sottolineato l'importanza di lavorare in rete, in collaborazione e ha invitato i presenti a partecipare alla spaghettata antifascista e alla visita al Museo Cervi a Gattatico sabato 25 luglio p.v.

La  signora Tiziana Cuicchi riferisce che la signora Anna Maria Bartoloni, moglie del partigiano di Maiolati Giannino Pastori, avrebbe il desiderio di avere la tessera Anpi. La tessera ad honorem, già pronta, le sarà consegnata al più presto.

La referente ricorda quindi la partecipazione della sezione di Moie Mediavallesina al Festival della Resistenza organizzato dall' ATGTP (Associazione Teatro Giovani Teatro Pirata), in particolare nell'organizzazione dell'apericena del 28 luglio alla Biblioteca La Fornace di Moie.
Si procede quindi all'elezione del Consiglio Direttivo: Renzi Patrizia, Baiocco Valentina, Grazi Grazia, Dowlatabadi Anahita H., Antonelli Biagio,  Cuicchi Tiziana, Montesi Giuliano,

Presidente: Renzi Patrizia

Segretario: Baiocco Valentina

Tesoriere: Biagio Antonelli

Segue il tesseramento dei soci.

Nel corso della serata sono state rilasciate n°  23 tessere.

La seduta si è conclusa alle ore 11:00.



Patrizia Renzi 
Presidente Anpi Mediavallesina  




Valentina Baiocco
Segreteria
Comitato Anpi Mediavallesina



Grazia Grazi
Comunicazione, Responsabile Blog, Addetta Stampa
Comitato Anpi Mediavallesina




Anahita Hoseinpour Dowlatabadi 
Grafica e addetta a Reportage fotografici eventi 
Comitato Anpi Mediavallesina





Antonelli Biagio

Comitato Anpi Mediavallesina






Cuicchi Tiziana 
Tesoriere, Corrispondente e relatrice eventi
Comitato Anpi Mediavallesina





Montesi Giuliano
Comitato Anpi Mediavallesin
a



Assemblea del 26 giugno 2015 con simpatizzanti e tesserati Anpi Mediavallesina






Moie, 26 giugno 2015

Poggio San Vicino - Commemorazione dei partigiani caduti il 1 luglio 1944


"Coltivare la memoria e riscoprire il valore della Resistenza oggi 
per mantenere vivo il fiore della democrazia"


Giannino Pastori nato il 30.03.1923 partigiano
deceduto in combattimento 
a Poggio San Vicino il 1^ luglio 1944


Il piccolo comune di Poggio San Vicino, a pochi chilometri da Apiro e dal monte San Vicino, conobbe tutti gli aspetti che contraddistinsero quei lunghi mesi di lotta: il sopraggiungere degli sfollati, la scarsità degli alimenti e delle merci, l’apertura degli ammassi, la presenza e il passaggio di varie formazioni partigiane, le azioni di boicottaggio verso l’occupante tedesco e anche i dissapori all’interno dei gruppi, soprattutto qualora si fosse trattato di nazionalità diverse. Come dice Giacomini: Non era sempre idilliaca la vita insieme dei partigiani, si incontravano e scontravano caratteri e temperamenti e anche culture diverse, si doveva fare i conti quotidianamente con la fatica, il pericolo, la paura, gli orgogli personali, emergevano secondo i momenti i lati positivi e quelli negativi di ciascuno, si cementavano amicizie che sarebbero durate tutta la vita, ma si producevano anche tensioni e liti, e qualche volta, anche se del tutto eccezionalmente, gli esiti potevano essere tragici (Giacomini, 2008 p.260).



Quanto accadde il 5 giugno a Poggio San Vicino venne vissuto come una vera e propria tragedia non solo dai partigiani del San Vicino, ma dalla Resistenza tutta. Quel giorno Goffredo Baldelli, uomo retto di tradizione antifascista, appartenuto al movimento “Giustizia e Libertà”, posto a capo della missione sulla stazione R. T. clandestina della provincia di Ancona, venne ucciso a seguito di un diverbio. L’episodio è piuttosto controverso e ad oggi non ancora chiarito. Esemplare è il fatto che esistano più d’una ricostruzione dei fatti. 

Il Sindaco di Poggio San Vicino, Sara Simoncini,
legge la storia dell' eccidio avvenuto il 1mo luglio 1944

Nella zona di Poggio S. Vicino si era stabilito dal 20 maggio il gruppo “Alvaro”, successivamente spostatosi ad Osimo. Alvaro Litargini, comandante del gruppo era un ex milite fascista, uomo avventuroso e spregiudicato. Al suo arrivo il distaccamento era composto da circa 18 partigiani, quasi tutti originari di  Cingoli. Successivamente la formazione aumentò notevolmente di numero: si aggiunsero tredici giovani della guardia repubblicana di Macerata dei carabinieri di Cupramontana e qualche prigioniero politico evaso dalle carceri di Jesi (Campanelli, 1982 p.60). 


Mauro Cellottini dell' Anpi di Cupramontana, il Sindaco Sara Simoncini
 e la Presidente Patrizia Renzi  Anpi Mediavallesina
depositano i fiori al monumeto dedicato ai partigiani a Poggio San Vicino

Dopo l’arrivo del gruppo Alvaro il paese fu in qualche modo cambiato nella sua fisionomia: Sembra di essere in una guarnigione: posti di blocco alle vie di accesso, sentinelle nei punti strategici, pattuglie in perlustrazione che si spingono sino ad Apiro dove sono saltuariamente i tedeschi. il piazzale della Chiesa è diventato l’autoparco: vi sono autocarri, autobus ed automobili di ogni genere, anche un tedesco catturato dai Patrioti (Ribelli per amore, 2005 p.92-93). Questo raggruppamento agì sempre in modo piuttosto autonomo, a volte dimostrandosi restio all’osservanza delle direttive militari, ma fu sempre molto attivo e efficiente.

Lapide del Monumento dedicato
 ai partigiani uccisi il 1mo luglio 1944

Secondo Giacomini, dopo una notte di fatica passata a recuperare delle armi aviolanciate, Baldelli si recò a Poggio San Vicino con l’intenzione di munirsi del camion per trasportarle. Ma lì scopri che al momento non era disponibile, visto che lo scozzese Douglas Davidson, maresciallo autopromossosi capitano, con un gruppo di stranieri al seguito, ci stava facendo un giro. Innervosito dal fatto sfogò la sua rabbia sul comandante Alvaro, accusandolo che nella sua formazione si facesse
vita frivola e svagata (Giacomini, 2008 p.259). Tra Baldelli e Alvaro non vi fu mai una grande intesa. In particolare le cose peggiorarono quando i lanci alleati nel campo di lancio di Valdiola, di cui Baldelli era responsabile, si fecero sempre più regolari e sebbene i partigiani avrebbero dovuto prelevare i materiali dal campo il prima possibile, questo non avveniva con diligenza e secondo la rapidità richiesta da Baldelli.

Da sinistra
il segretario comunale di Poggio San Vicino, Mauro Cellottini, Giovanni Petrovic, Elena Piccioni, Leonardo Animali, Valentina Baiocco, Sara Simoncini, Patrizia Renzi e Grazia Grazi

Nel frattempo Douglas avrebbe fatto ritorno e Baldelli avrebbe incominciato a inveire contro di lui, innescando una lite che assunse toni sempre più accesi. Dallo scozzese partirono un paio di pugni che lo mandarono a terra e quando Baldelli fece il gesto di prendere la pistola, Dimitrya Jovic, un montenegrino presente alla scena, gli sparò due colpi e lo finì con un ultimo, proveniente dalla stessa pistola di Baldelli, raccolta da terra. Douglas aveva alle spalle una reputazione tutt’altro che positiva, descritto come un prepotente e un facile attacca briga. Ciò nonostante, della morte di Baldelli si prese tutta la responsabilità di fronte al comando partigiano. 

La torre dove è caduto il partigiano Giannino Pastori


Sul balcone, sotto la torre, dove sono caduti i partigiani

La versione di Campanelli si discosta su alcuni punti: Baldelli avrebbe discusso con Alvaro in merito alla mancata raccolta del materiale lanciato dagli alleati nelle notti precedenti, ma il diverbio avrebbe avuto termine con una risoluzione amichevole. Tuttavia nel corso della lite Baldelli avrebbe criticato aspramente la presenza nell’accampamento di alcune donne dal comportamento spregiudicato, in particolare quello di una russa. Quando Douglas venne messo al corrente di ciò, ritenendo che la sua donna fosse stata ingiuriata, aggredì Baldelli. Fu a quel punto che il montenegrino intervenne sparando (Campanelli, 1982 p.93). 

Fiori e il Libro "La liberazione vista con gli occhi dei bambini" dell' Istituto Comprensivo Carlo Urbani

L’intervento di Dimitrya Jovic apparve fin da subito del tutto ingiustificato e fece nascere varie convinzioni al riguardo. Nella relazione redatta dal tenente Leone Terragni, nome di battaglia Nino, incaricato di svolgere accertamento sull’accaduto, si dichiara che L’omicida giustifica il tragico gesto asserendo che lo scomparso si preparava a sganciare la pistola dalla cintura dei pantaloni. Questa circostanza, che sarebbe stata importante ai fini di stabilire un attenuante nei riguardi dello slavo, non mi è stato confermato da alcuno di quei pochi astanti con i quali ho potuto conferire […] d’altra parte, avrebbe potuto comunque evitare il tragico epilogo immobilizzando le mani del Baldelli e tirarlo in disparte, tanto più che lo Slavo ha possibilità fisiche e di spirito non comuni (Fondo Tiraboschi, B.1, fasc 7).

Leonardo Animali dell' Anpi Provinciale, Mauro Cellottini Anpi di Cupramontana, il Sindaco Sara Simoncini di Poggio San Vicino, Presidente ANpi Mediavallesina Patrizia Renzi e Valentina Baiocco del Comitato Anpi Mediavallesina

Negli ultimi anni è andata crescendo anche l’ipotesi che dietro l’episodio si nascondesse una volontà superiore, per la quale Baldelli stava diventando una figura scomoda da eliminare con poco clamore. Come raccontava Piero Pergoli in un articolo del novembre 1944:
Verso la fine di maggio la sua abituale serenità lo aveva abbandonato: sempre impavido, sempre intrepido, sempre pronto a tutto osare, ma la bella fiducia nell’avvenire era offuscata. Troppi intrighi erano orditi intorno a lui, troppi oscuri interessi si agitavano intorno alla R.T., troppo obliqui tentativi di imporre ad ogni costo soluzioni di partito, là dove l’apoliticità doveva rimanere la chiave di volta della situazione, si venivano delineando (Piccinini, 1990 p.152). Ciò è confermato anche da Terragni: è purtroppo vero che il Baldelli, prima della tragica fine, dava segni di stanchezza fisica e di esaurimento nervoso, conseguenza delle sue molteplici assillanti attività, per cui era lecito aspettarsi da parte dell’Inglese e dello Slavo più umana comprensione e riconoscimento degli indiscussi grandi meriti dello scomparso combattente prode e fedele esecutore di missione particolare affidatagli dal comando Alleato (Fondo Tiraboschi, B.1, fasc 7)

Monumento dedicato ai partigiani nel Comune di Poggio San Vicino

Nel processo che si tenne nel 1948 la Corte d’Assise di Macerata giudicò Dimitrya Jovic colpevole del delitto di omicidio aggravato e venne condannato in contumacia all’ergastolo. A distanza di molti anni, gli interrogativi non sono stati sciolti. La tesi più accreditata è che la sua morte debba essere posta in relazione ai contrasti interni alle forze partigiane più che a un banale incidente. È ancora da verificare l’ipotesi che si sia trattato di un’azione voluta e premeditata. Nel dopoguerra Baldelli venne insignito della medaglia d’argento al valor militare alla memoria; la sua salma riposa nel cimitero di Falconara Marittima.


Sede  del Comune Poggio San Vicino

Poggio San Vicino rientrò diverse volte all’interno delle operazioni di rastrellamento operate dalle forze nazifasciste nella zona. In particolare, l’episodio che ancora oggi è serbato più vividamente nella memoria popolare è quello del primo luglio, quando la località venne attaccato dai tedeschi in ritirata. Lo scontro con i pochi partigiani presenti nella località durò circa un’ora, fino a quando, colpita la mitraglia da un colpo di cannone, furono costretti a darsi alla fuga. Nello scontro morì il partigiano Giannino Pastori, originario di Maiolati, che aveva combattuto strenuamente provocando morti e feriti tra i tedeschi.

La Presidente dell' Anpi Mediavallesina deposita fiori al Monumento ai caduti

A quel punto i soldati entrarono nel paese, dove non ebbero pietà per cose e persone. Quattro uomini persero la vita per pura casualità: Domenico Poeta, gli sfollati Marco Accursi, Nicola Pillarella e Nicola Marovelli. Un altro riuscì a salvarsi solo perché si finse morto. Più di trenta famiglie persero la casa e ogni proprietà, date alle fiamme. Tutte le altre furono rovistate e svaligiate (Simoncini, 2007 p.94). Il parroco di Poggio San Vicino, don Otello Marcaccini, testimone del fatto ricordava che: Alcune donne coraggiose rimaste quasi a difendere le loro case, cercano di estinguere il fuoco, di gettare dalle finestre mobili e utensili per risparmiarli alle fiamme. Non bisogna dimenticare che alcune, domato il piccolo incendio delle loro, si affaticano a spegnere, incuranti del pericolo, il fuoco delle altre case rimaste incustodite (Ribelli per amore, 2005 p.97). Nelle due settimane successive all’episodio, il paese continuò ad essere il saltuario bersaglio dei cannoni tedeschi.

Bandiera Anpi del Comune di Maiolati Spontini


Il 18 luglio Poggio San Vicino fu liberata dai partigiani della Brigata Maiella tra l’esultanza della popolazione.



Poggio San Vicino, 20 luglio 2015

martedì 18 agosto 2015

Chi era Giannino Pastori

"Coltivare la memoria e riscoprire il valore della Resistenza oggi 
per mantenere vivo il fiore della democrazia"



Giannino Pastori
 eroe maiolatese

Giannino Pastori faceva parte del distaccamento Tigre della Brigata Garibaldi di Ancona. Per rappresaglia contro il gruppo partigiano che trovava rifugio nella zona del San Vicino…i tedeschi organizzarono tra la fine di giugno e il primo luglio un consistente rastrellamento. 

Già nella sera del 30 giugno i tedeschi avevano piazzato una serie di cannoni ai piedi di Poggio San Vicino. Di questo si erano accorti i partigiani che avevano un punto di osservazione fisso nel paese e la maggior parte di loro, la notte stessa, lasciarono Poggio per raggiungere luoghi sicuri. 

Rimasero a Poggio, con alcune mitragliatrici solo una decina di partigiani che avevano deciso per il confronto armato con i tedeschi. Nella notte i partigiani si alternarono nei turni di guardia, ma tutto restò immobile e silenzioso. Eppure c’era la certezza che la battaglia fosse imminente.

Intorno alle ore 8 del 1 luglio i partigiani, piazzati ai piedi della torre medievale, nel punto più altro di Poggio, avvistarono il convoglio tedesco composto di tre camion adibiti al trasporto truppe. 

Senza attendere che si avvicinassero Giannino iniziò a sparare con la mitragliatrice pesante colpendo a morte numerosi tedeschi. Contemporaneamente dal basso iniziò il cannoneggiamento tedesco che colpì la torre in più punti. Vista la consistente risposta tedesca i partigiani scapparono nella macchia sottotostante invitando Giannino alla ritirata.

Giannino invece continuò a colpire i tedeschi con la sua mitraglia. Nonostante gli inviti a ritirarsi gridati dai compagni in fuga, Giannino continuò a premere il grilletto.




Intanto la battaglia infuriava, la popolazione iniziò ad abbandonare il paese. I tedeschi non riuscivano a stanare il partigiano e allora concentrarono il fuoco ai piedi della torre. Improvvisamente la mitraglia cessò di sparare. 

Tutti compresero che Giannino era stato colpito. Il giovane maiolatese era stato raggiunto da una scheggia che gli aveva aperto l’intestino. Furono attimi strazianti. Mentre un civile in fuga cercava di aiutarlo. Dopo pochi minuti Giannino moriva.

I tedeschi ispezionarono il corpo e trovarono la carta d'identità rilasciata dal Comune di Roma. Infatti Giannino si era trasferito a Roma dove si era coniugato con la concittadina Anna Maria Bartoloni nel febbraio dello stesso anno.

Questo impedì che Maiolati  subisse azioni di rappresaglia, non potendo i tedeschi fare azioni nel nostro paese.

Dopo la ricognizione della salma, lo sventurato maiolatese fu lasciato nel luogo dove lo raggiunse la morte.

Il corpo di Giannino Pastori rimase abbandonato in terra per molti giorni e solo quando i tedeschi si allontanarono definitivamente fu possibile dargli sepoltura ai piedi della torre. Solo successivamente, dopo la liberazione di Maiolati, il corpo fu trasportato nel nostro cimitero.
(Da “Liberazione di Maiolati” M Palmolella)




Anna Maria Bartoloni


“Mi sono sposata con Giannino Pastori il 22 febbraio 1944 a Roma. 

Dopo l’eccidio delle Fosse Ardeatine, avvenuto il 24 marzo, Giannino ritornò a Maiolati ed io lo raggiunsi pochi giorni dopo. Il 26 aprile fu per Maiolati un giorno tremendo. Un gruppo di tedeschi arrivò nel paese e, a causa dei rastrellamenti effettuati, il clima divenne molto teso. Mio marito si rifugiò dapprima presso la centrale di San Sisto e successivamente partì per la montagna.

Anche allora volli raggiungerlo. 

Partii per Poggio San Vicino, dove passai la notte e poi, il mattino successivo, arrivai a Val di Castro. Lì c’erano tre gruppi di partigiani, due composti da cuprensi e uno, del quale facemmo parte Giannino ed io, coordinati da una coppia di russi e dall’ufficiale inglese Douglas.


Lidia e Alessandro, partigiani russi


Ricordo quando una notte accendemmo i fuochi per permettere agli americani di individuare la zona per il lancio dei pacchi con il cibo e il vestiario. Giannino indossò subito una divisa americana contenuta nei pacchi ed io presi delle scatolette di acciughe. I teli dei paracaduti furono utilizzati per fare delle coperte.

Il giorno di San Pietro e Paolo, 29 giugno, sono voluta ritornare a casa. Ero incinta di un mese e mezzo e avevo bisogno di lavarmi e di stare un po’ tranquilla.

Fu in quei giorni che Valentino Borgiani fu ferito dai tedeschi. Per venti giorni non seppi più niente di mio marito, anche se tutti sapevano che era stato ucciso il 1mo luglio a Poggio San Vicino.

Mi hanno in seguito riferito che egli, saputo della battaglia raggiunse il luogo a cavallo e rimase fino alla fine sul posto con il comandante mentre gli altri fuggivano. 

Le ultime sue parole furono “ho sete” e “mia moglie”.

Mia suocera, Anibaldi Irene, mi disse che Giannino era morto solo tre giorni prima del funerale che avvenne il 20 luglio. Per le spese da sostenere contribuì in maniera determinante il Comune di Cupramontana, dove si svolse parte della cerimonia funebre.


Il funerale di Giannino Pastori a Cupramontana

Douglas, insieme a molti partigiani che non furono presenti al funerale, raggiunse Maiolati una decina di giorni dopo.

Andammo tutti al cimitero dove, colta dall’emozione, svenni. Quando ripresi i sensi Douglas era accanto a me e mi chiese se il bambino che avevo in gremo poteva avere il suo nome.


Arrivo della salma di Giannino Pastori a Maiolati


Mio figlio è stato battezzato con i nomi Giannino, Elvino e Douglas in onore di suo padre, di un parente e di quell’ufficiale inglese che ci è stato vicino anche economicamente, lasciando a me e a mia suocera, prima di partire, la cifra di seimila lire. Ricordo con riconoscenza anche il medico del paese, Tittarelli, che mi ha aiutato in quel brutto periodo.”

(Testimonianza di Anna Maria Bartoloni)



Estratto dal Libro "La liberazione vista con gli occhi dei bambini" dell' Istituto Comprensivo CARLO URBANI



Moie, 18 agosto 2015