"Coltivare la memoria e riscoprire il valore della Resistenza oggi
per mantenere vivo il fiore della democrazia"
Giannino Pastori nato il
30.03.1923 partigiano
deceduto in combattimento
a Poggio San Vicino il 1^
luglio 1944
Il piccolo comune di Poggio San Vicino, a pochi
chilometri da Apiro
e dal monte San Vicino, conobbe tutti gli aspetti che contraddistinsero quei
lunghi mesi di lotta: il sopraggiungere degli sfollati, la scarsità degli
alimenti e delle merci, l’apertura degli ammassi, la presenza e il passaggio di
varie formazioni partigiane, le azioni di boicottaggio verso l’occupante
tedesco e anche i dissapori all’interno dei gruppi, soprattutto qualora si
fosse trattato di nazionalità diverse. Come dice Giacomini: ≪Non era sempre idilliaca la vita insieme dei
partigiani, si incontravano e scontravano caratteri e temperamenti e anche
culture diverse, si doveva fare i conti quotidianamente con la fatica, il
pericolo, la paura, gli orgogli personali, emergevano secondo i momenti i lati
positivi e quelli negativi di ciascuno, si cementavano amicizie che sarebbero
durate tutta la vita, ma si producevano anche tensioni e liti, e qualche volta,
anche se del tutto eccezionalmente, gli esiti potevano essere tragici≫ (Giacomini,
2008 p.260).
Quanto accadde il 5 giugno a Poggio San Vicino venne vissuto come una vera e
propria tragedia non solo dai partigiani del San Vicino, ma dalla Resistenza
tutta. Quel giorno Goffredo Baldelli, uomo retto di tradizione antifascista,
appartenuto al movimento “Giustizia e Libertà”, posto a capo della missione
sulla stazione R. T. clandestina della provincia di Ancona, venne ucciso a seguito di un diverbio.
L’episodio è piuttosto controverso e ad oggi non ancora chiarito. Esemplare è
il fatto che esistano più d’una ricostruzione dei fatti.
Il Sindaco di Poggio San Vicino, Sara Simoncini,
legge la storia dell' eccidio avvenuto il 1mo luglio 1944
Nella zona di Poggio S. Vicino si era stabilito dal 20 maggio il gruppo
“Alvaro”, successivamente spostatosi ad Osimo. Alvaro Litargini, comandante del gruppo
era un ex milite fascista, uomo avventuroso e spregiudicato. Al suo arrivo il
distaccamento era composto da circa 18 partigiani, quasi tutti originari di Cingoli.
Successivamente la formazione aumentò notevolmente di numero: si aggiunsero
tredici giovani della guardia repubblicana di Macerata dei carabinieri di Cupramontana e qualche prigioniero politico evaso dalle
carceri di Jesi (Campanelli, 1982
p.60).
Mauro Cellottini dell' Anpi di Cupramontana, il Sindaco Sara Simoncini
e la Presidente Patrizia Renzi Anpi Mediavallesina
depositano i fiori al monumeto dedicato ai partigiani a Poggio San Vicino
Dopo l’arrivo del gruppo Alvaro il paese fu in qualche modo cambiato
nella sua fisionomia: ≪Sembra di essere in una guarnigione: posti di blocco alle vie di accesso,
sentinelle nei punti strategici, pattuglie in perlustrazione che si spingono
sino ad Apiro dove sono saltuariamente i tedeschi. il piazzale della Chiesa è
diventato l’autoparco: vi sono autocarri, autobus ed automobili di ogni genere,
anche un tedesco catturato dai Patrioti≫ (Ribelli per amore, 2005 p.92-93).
Questo raggruppamento agì sempre in modo piuttosto autonomo, a volte
dimostrandosi restio all’osservanza delle direttive militari, ma fu sempre
molto attivo e efficiente.
Lapide del Monumento dedicato
ai partigiani uccisi il 1mo luglio 1944
Secondo Giacomini, dopo una notte di fatica passata a recuperare delle armi
aviolanciate, Baldelli si recò a Poggio San Vicino con l’intenzione di munirsi
del camion per trasportarle. Ma lì scopri che al momento non era disponibile,
visto che lo scozzese Douglas Davidson, maresciallo autopromossosi capitano,
con un gruppo di stranieri al seguito, ci stava facendo un giro. Innervosito
dal fatto sfogò la sua rabbia sul comandante Alvaro, accusandolo che nella sua formazione
si facesse ≪vita frivola e svagata≫ (Giacomini, 2008 p.259). Tra Baldelli e Alvaro non vi
fu mai una grande intesa. In particolare le cose peggiorarono quando i lanci
alleati nel campo di lancio di Valdiola,
di cui Baldelli era responsabile, si fecero sempre più regolari e sebbene i
partigiani avrebbero dovuto prelevare i materiali dal campo il prima possibile,
questo non avveniva con diligenza e secondo la rapidità richiesta da Baldelli.
Da sinistra
il segretario comunale di Poggio San Vicino, Mauro Cellottini, Giovanni Petrovic, Elena Piccioni, Leonardo Animali, Valentina Baiocco, Sara Simoncini, Patrizia Renzi e Grazia Grazi
Nel frattempo Douglas avrebbe fatto ritorno e Baldelli avrebbe incominciato a
inveire contro di lui, innescando una lite che assunse toni sempre più accesi.
Dallo scozzese partirono un paio di pugni che lo mandarono a terra e quando Baldelli
fece il gesto di prendere la pistola, Dimitrya Jovic, un montenegrino presente
alla scena, gli sparò due colpi e lo finì con un ultimo, proveniente dalla
stessa pistola di Baldelli, raccolta da terra. Douglas aveva alle spalle una
reputazione tutt’altro che positiva, descritto come un prepotente e un facile
attacca briga. Ciò nonostante, della morte di Baldelli si prese tutta la
responsabilità di fronte al comando partigiano.
La torre dove è caduto il partigiano Giannino Pastori
Sul balcone, sotto la torre, dove sono caduti i partigiani
La versione di Campanelli si discosta su alcuni punti: Baldelli avrebbe
discusso con Alvaro in merito alla mancata raccolta del materiale lanciato
dagli alleati nelle notti precedenti, ma il diverbio avrebbe avuto termine con
una risoluzione amichevole. Tuttavia nel corso della lite Baldelli avrebbe
criticato aspramente la presenza nell’accampamento di alcune donne dal
comportamento spregiudicato, in particolare quello di una russa. Quando Douglas
venne messo al corrente di ciò, ritenendo che la sua donna fosse stata
ingiuriata, aggredì Baldelli. Fu a quel punto che il montenegrino intervenne
sparando (Campanelli, 1982 p.93).
Fiori e il Libro "La liberazione vista con gli occhi dei bambini" dell' Istituto Comprensivo Carlo Urbani
L’intervento di Dimitrya Jovic apparve fin da subito del tutto ingiustificato e
fece nascere varie convinzioni al riguardo. Nella relazione redatta dal tenente
Leone Terragni, nome di battaglia Nino, incaricato di svolgere accertamento
sull’accaduto, si dichiara che ≪L’omicida
giustifica il tragico gesto asserendo che lo scomparso si preparava a sganciare
la pistola dalla cintura dei pantaloni. Questa circostanza, che sarebbe stata
importante ai fini di stabilire un attenuante nei riguardi dello slavo, non mi
è stato confermato da alcuno di quei pochi astanti con i quali ho potuto
conferire […] d’altra parte, avrebbe potuto comunque evitare il tragico epilogo
immobilizzando le mani del Baldelli e tirarlo in disparte, tanto più che lo
Slavo ha possibilità fisiche e di spirito non comuni≫ (Fondo
Tiraboschi, B.1, fasc 7).
Leonardo Animali dell' Anpi Provinciale, Mauro Cellottini Anpi di Cupramontana, il Sindaco Sara Simoncini di Poggio San Vicino, Presidente ANpi Mediavallesina Patrizia Renzi e Valentina Baiocco del Comitato Anpi Mediavallesina
Negli ultimi anni è andata crescendo anche l’ipotesi che dietro l’episodio si
nascondesse una volontà superiore, per la quale Baldelli stava diventando una
figura scomoda da eliminare con poco clamore. Come raccontava Piero Pergoli in
un articolo del novembre 1944: ≪Verso la fine di maggio la sua abituale serenità lo
aveva abbandonato: sempre impavido, sempre intrepido, sempre pronto a tutto
osare, ma la bella fiducia nell’avvenire era offuscata. Troppi intrighi erano
orditi intorno a lui, troppi oscuri interessi si agitavano intorno alla R.T.,
troppo obliqui tentativi di imporre ad ogni costo soluzioni di partito, là dove
l’apoliticità doveva rimanere la chiave di volta della situazione, si venivano
delineando≫ (Piccinini, 1990 p.152). Ciò è confermato anche da Terragni: ≪è purtroppo vero che il Baldelli, prima della tragica
fine, dava segni di stanchezza fisica e di esaurimento nervoso, conseguenza
delle sue molteplici assillanti attività, per cui era lecito aspettarsi da
parte dell’Inglese e dello Slavo più umana comprensione e riconoscimento degli
indiscussi grandi meriti dello scomparso combattente prode e fedele esecutore
di missione particolare affidatagli dal comando Alleato≫ (Fondo
Tiraboschi, B.1, fasc 7)
Monumento dedicato ai partigiani nel Comune di Poggio San Vicino
Nel processo che si tenne nel 1948 la Corte d’Assise di Macerata giudicò
Dimitrya Jovic colpevole del delitto di omicidio aggravato e venne condannato
in contumacia all’ergastolo. A distanza di molti anni, gli interrogativi non
sono stati sciolti. La tesi più accreditata è che la sua morte debba essere
posta in relazione ai contrasti interni alle forze partigiane più che a un
banale incidente. È ancora da verificare l’ipotesi che si sia trattato di
un’azione voluta e premeditata. Nel dopoguerra Baldelli venne insignito della medaglia d’argento al valor
militare alla memoria; la sua salma riposa nel cimitero di Falconara Marittima.
Sede del Comune Poggio San Vicino
Poggio San Vicino rientrò diverse volte all’interno
delle operazioni di rastrellamento operate dalle forze nazifasciste
nella zona. In particolare, l’episodio che ancora oggi è serbato più
vividamente nella memoria popolare è quello del primo luglio, quando la
località venne attaccato dai tedeschi in ritirata. Lo scontro con i pochi
partigiani presenti nella località durò circa un’ora, fino a quando, colpita la
mitraglia da un colpo di cannone, furono costretti a darsi alla fuga. Nello
scontro morì il partigiano Giannino Pastori, originario di Maiolati, che aveva
combattuto strenuamente provocando morti e feriti tra i tedeschi.
La Presidente dell' Anpi Mediavallesina deposita fiori al Monumento ai caduti
A quel punto i soldati entrarono nel paese, dove non ebbero pietà per cose e
persone. Quattro uomini persero la vita per pura casualità: Domenico Poeta, gli
sfollati Marco Accursi, Nicola Pillarella e Nicola Marovelli. Un altro riuscì a
salvarsi solo perché si finse morto. Più di trenta famiglie persero la casa e
ogni proprietà, date alle fiamme. Tutte le altre furono rovistate e svaligiate
(Simoncini, 2007 p.94). Il parroco di Poggio San Vicino, don Otello Marcaccini,
testimone del fatto ricordava che: ≪Alcune donne coraggiose rimaste
quasi a difendere le loro case, cercano di estinguere il fuoco, di gettare
dalle finestre mobili e utensili per risparmiarli alle fiamme. Non bisogna
dimenticare che alcune, domato il piccolo incendio delle loro, si affaticano a
spegnere, incuranti del pericolo, il fuoco delle altre case rimaste incustodite≫ (Ribelli
per amore, 2005 p.97). Nelle due settimane successive all’episodio, il paese
continuò ad essere il saltuario bersaglio dei cannoni tedeschi.
Bandiera Anpi del Comune di Maiolati Spontini
Il 18 luglio Poggio San Vicino fu liberata dai partigiani della Brigata Maiella
tra l’esultanza della popolazione.
Poggio San Vicino, 20 luglio 2015